La quinta puntata di "Scrittori in fuga" ci porta in un altro continente per andare a trovare Emanuele Pettener, originario di Mestre. Emanuele vive in una località vicino alle sponde tropicali dell'oceano Altlantico e insegna letteratura alla Florida Atlantic University. La sua produzione è un alternarsi di saggi accademici e scritti di fiction dal raffinato sapore intellettuale.
In quale paese risiedi attualmente e da quanto tempo vivi lì?
Abito negli Stati Uniti, a Boca Raton, nel sud della Florida: costa atlantica, quaranta miglia a nord di Miami. Ci vivo dall'agosto del 2000, dopo i primi mesi americani in Indiana, a West Lafayette, dove arrivai a gennaio, all'aurora del nuovo millennio.
Perché hai deciso di trasferirti?
Venni accettato in un Programma Ph.D a Purdue University, a compimento di un sogno americano inseguito sin da bambino leggendo Topolino; nella fantasia, la fuga dal nostro Paese possedeva squisiti contorni romantici (fare il lavapiatti, scrivendo la notte, ingurgitando ettolitri di caffè come Balzac) e al contempo era l'unica soluzione per un giovane sognatore: l'Italia, cinicamente, sembrava irridere il concetto stesso di sogno.
Di cosa parlano i due libri più recenti che hai pubblicato in Italia?
Di giovinezza intesa come sentimento, ovvero l'esplosiva miscela di desideri, ambizioni, cortocircuiti emotivi e paure, che possono appartenere (anzi, talora in modo persino superiore) anche agli anziani; di Florida e Venezia; e d'amore, naturalmente.
In che modo la tua esperienza di vita all'estero ha influenzato la tua scrittura?
L'ha resa tropicale. Ha affinato il mio senso del colore, ne ha intensificato la luce. La quotidiana frequentazione con alberi di mango e iguane mi ha condotto a studiare le tecniche di certi poeti latinoamericani, mai presi in considerazione prima. L'incontro con le tante culture diverse del South Florida ha intessuto le trame della mia prosa di vocaboli dai profumi esotici, e similitudini nuove: non avrei mai immaginato che qualcosa potesse essere, per esempio, verde come un guacamole peruviano. L'assorbimento lento e paziente dell'inglese mi ha permesso di sperimentare costruzioni sintattiche azzardate o semplicemente prendere a prestito espressioni che mi sembrano più efficaci delle corrispondenti italiane: "spendere tempo" invece di "passare tempo".
Ci sono temi specifici legati alla tua esperienza di espatriato che ami esplorare nei tuoi lavori?
Beh, i miei personaggi sono spesso italiani in America, talora americani in Italia: vivono l’ambiente che li circonda con quei sentimenti (intensità, curiosità, incertezza, eccetera) di chi si immerge in un luogo diverso da quello nativo.
Quali sono le principali sfide che hai affrontato come scrittore italiano all'estero?
La sfida della scrittura non ha nulla a che fare, per me, con il Paese da dove si scrive.
Quali sfide hai incontrato nel promuovere i tuoi libri nel mercato italiano mentre vivi all'estero?
Devo concentrare la presentazione dei miei libri da metà maggio a inizio agosto, quando sono in Italia.
Hai riscontrato resistenze da parte degli editori italiani a causa della tua residenza all'estero? Se sì, come hai affrontato queste difficoltà?
No. Però anni fa una nota agente letteraria volle rappresentare un mio romanzo, con un entusiasmo che mi sorprese: si diceva sicura di venderlo a un medio o grande editore, questo disse. Invece, una sfilza di gran rifiuti. Ricordo che non se ne capacitava, salvo lasciarsi sfuggire un lamento: “ è che tu vivi così lontano…”. Ma, se devo esser sincero, non la presi seriamente. Semplicemente, agli editori quel mio romanzo e il suo autore non interessavano.
Puoi parlarci di alcuni dei tuoi progetti attuali o futuri?
Per scaramanzia – giustificata da vicende come quella appena narrata, ma potrei parlare di contratti firmati per libri mai usciti – me ne sto sempre buono e silente fin quando un testo non esce materialmente. In realtà il mio progetto costante è quello di chiudermi in monastero: allontanarmi per quanto possibile dalle distrazioni della vita moderna per trovare la concentrazione e la disciplina necessarie a scrivere. La stessa ispirazione, che produce una felicità anche più acuta della scrittura stessa, si può rintracciare solo nell’otium petrarchesco: immersione nella natura, nello studio, nel piacere dell’amicizia e degli affetti.
Pensi di tornare a vivere in Italia o di trasferirti in un altro paese in futuro?
Un altro Paese chissà (si vive bene ai Tropici) ma l’Italia no. Vivere al di fuori dell’Italia, oltre al non disprezzabile vantaggio di non pagare tasse allo stato italiano, permette di tornarvi, ogni volta, con gli occhi incantati e ingenui del turista: goderne la stregante e stravagante meraviglia.
C’è una citazione tratta da un tuo libro che vorresti condividere con noi per chiudere questa intervista?
"I was twenty. Twenty, said like that, sounds so easy. But that’s not how it is. It’s not that simple". Soprassedendo alle mie remore scaramantiche, ecco l'incipit del mio primo romanzo americano, in uscita per Bordighera Press nel 2025, It's Saturday You Left Me and I'm so Handsome, traduzione di Giorgio Tarchini del mio primo romanzo italiano, È sabato mi hai lasciato e sono bellissimo, uscito per Corbo nel 2009 nella collana L'Isola Bianca diretta da Roberto Pazzi, al quale la versione americana sarà dedicata.
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LINK UTILI
La pagina di Emanuele Pettener presso l'università in cui insegna
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