Il caffè ristretto secondo Sciascia

Da ragazzo, quando andavo al bar, il caffè non superava mai la metà della tazzina. Se fosse accaduto, sarebbe stato una sciagura per il barista, certamente condannato alla pubblica gogna con l’accusa di distrazione e incompetenza.

Questo accadeva a Siracusa e dintorni, dove a volte il portafiltro della Cimbali veniva scrutato con sguardo dubbioso mentre lasciava gocciolare il caffè come un agrume lentamente spremuto. Il caffè era degno di questo nome solo se denso e concentrato, simile a un olio scurissimo dalla superficie dorata.

Il caffè ristretto era la normalità, un’abitudine introiettata.


Abitando nel nord Europa, dove il caffè è una sbobba e il prezzo dell’espresso è esorbitante, mi ero dimenticato di questo mio fanatismo per il ristretto. Il problema è che l’espresso qui lo allungano per giustificare in quantità ciò che manca al vero caffè italiano: un costo accettabile a fronte di un aroma superbo. E guai a ordinare genericamente “un caffè”: si rischia di ritrovarsi con un tazzone enorme in mano, per cui bisogna sempre specificare la parola “espresso”. E pazienza se arriva quel che arriva.

Avvelenato da quest’aria al ribasso, ho sorriso durante una recente e più attenta rilettura de Il giorno della civetta, che parlava di caffè ristretto. Se ho quasi dimenticato cos’è un espresso, figuriamoci se mi mettessi in testa di spiegare a un barista olandese cosa sia un ristretto. Ma tornando a Sciascia, nel romanzo mette in chiaro, e in più riprese, che i siciliani vanno matti per il ristretto. Per esempio, riguardo a don Mariano, mafioso trattenuto qualche giorno in cella, ecco cosa scrive: 


“Certo, soffrirà di qualche scomodità: la camera di sicurezza non è il grand hotel, il tavolaccio è duro, il bugliolo fa venire la nausea; e gli mancherà il caffè, poveretto, che ne beveva una tazza ogni mezz'ora, e fortissimo…”


Che per caffè “fortissimo” si intenda qui caffè “ristretto”, non ci sono dubbi. Verso la fine del romanzo, Sciascia mette in bocca a Brescianelli, medico e amico del capitano Bellodi, queste parole: 


«Forse tutta l'Italia va diventando Sicilia... A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso il nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno... La linea della palma... Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato... E sale come l'ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l'Italia, ed e già, oltre Roma...» si fermò improvvisamente e disse, ad una giovane donna che veniva loro incontro ridente «Sei incredibile anche tu: bellissima...».


«Come, anch'io? E l'altra chi e?».


«La Sicilia... Donna anche lei: misteriosa, implacabile, vendicativa; e bellissima... Come te.



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