Salamanca, Milano, Madrid e ritorno: inseguire ed essere inseguiti dalla morte e dall'amore

 Cos'ha Salamanca di diverso rispetto a Madrid? Sono entrambe la quintessenza della Castiglia, con la movida e la vivacità notturna, con i giovani universitari che si riversano per le strade e sfilano i locali. Eppure Salamanca è diversa. È misteriosa. La gente nasconde con più facilità i misfatti e tende a insabbiare, dissimulare. Ci si lancia messaggi a distanza attraverso gesti simbolici o raccontandosi storie che sembrano allegorie da non prendere né alla lettera né alla leggera.

Sotto un cielo immenso e dalle nuvole altissime, ci sono uomini di mondo che sfidano la morte nel cerchio dell'arena e uomini di chiesa che periscono pugnalati da un simulacro che rimanda alla tauromachia. Come al solito Salamanca rende tutto dannatamente difficile: ciò che appare si trasforma subito in un rebus, la cui soluzione viene prontamente ostacolata da qualcuno vuole mettere a tacere l’intera storia. E così anche l'amore, le donne che dicono te quiero mentre il loro atteggiamento dice tutt'altro: Salamanca ha solo ambiguità e menzogne da offrire. 

Nel suo romanzo Modus in Rebus (Morellini Editore, 2023), Riccardo Ferrazzi ci racconta una Spagna che è teatro di depistaggi e giochi di potere consumati nel nascondimento, anche a distanza di tanti anni e chilometri, capaci di inseguire il protagonista Vittorio Fabbri, detto Victor, fino al suo rientro a Milano. O forse è proprio Vitor che attira su di sé le persone più ambigue e i sospetti degli investigatori più strampalati?

A metà strada tra il noir e il giallo, questo romanzo dà molto spazio all’introspezione, al difficile rapporto con le donne, al senso dell’amicizia, alle questioni esistenziali che stringono l’uomo in una morsa di desideri e di paure. La prosa è ben costruita, il ritmo sapientemente calibrato, i malintesi adeguatamente distribuiti, e la scrittura va a scivolare in una metascrittura fatta di romanzi, librai, personaggi sui generis che gravitano attorno all’ambiente editoriale milanese.

Molte pagine fanno pensare ai romanzi di Umberto Eco, e non ci sarebbe da meravigliarsi se questo libro fosse anche un omaggio alla memoria del celebre semiologo: in Modus in Rebus ritroviamo infatti l’atmosfera delle case editrici milanesi frequentate da autori eccentrici e in odore di complottismo presenti sia ne Il pendolo di Foucault che in Numero Zero, ma anche l’enigma della camera chiusa che avevamo apprezzato in Baudolino e il tema del manoscritto misterioso che rimanda a Il nome della rosa. A voler essere pignoli, la perdita di memoria legata a un incidente fa pensare a La misteriosa fiamma della regina Loana, nel quale Eco raccontava di un protagonista convalescente alle prese con i buchi della propria memoria al quale quello di Ferrazzi somiglia tanto. Infine, per concludere questa carrellata echiana, anche il tema del “doppio”, incarnato da Roberto e il suo alter ego Ferrante ne L’isola del giorno prima, è ben presente anche in Modus in rebus , con Maite e Bianca che a volte vengono confuse.

Al di là degli omaggi letterari, però, una cosa è certa: nel romanzo di Ferrazzi, i personaggi altezzosi e troppo pieni di sé fanno tutti una brutta fine e questo rappresenta già un buon motivo per godersi la lettura.

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